Visioni Vere è il titolo del volume pubblicato da Silvana editoriale, in cui Fabio Benzi, Arnaldo Colasanti e Daniela Lancioni compongono un ritratto di Giuseppe Salvatori (Roma 1955) che restituisce nel ricordo e nelle immagini una unicità del suo vissuto artistico.

La pittura di Giuseppe Salvatori è una visione assoluta. La centralità della figura attraversa il corpo della pittura occidentale, ne contiene il segreto e la continuità di canto. Dagli esordi degli ultimi anni settanta, nelle forme di una neofigurazione che vieta le scorciatoie del postmoderno, la sua pittura chiede d’essere un appello alla dignità dell’umano. Non c’è nulla di fatuo nel segno decorativo se la decorazione si fa armonia e musica. Non c’è niente di nostalgico se il tratto dell’arte è la sensibilità di una poesia che guarda alla riappacificazione del dolore con la fragilità delle cose. Il lavoro di Salvatori è votato a narrare quanto il valore della realtà sia l’altezza etica del capire chi siamo veramente. Queste sue immagini restano il sogno antico e contemporaneo di un’intelligenza febbrile. Giacchè dipingere vuol dire aggiungere vita alla vita.

 

BIOGRAFIA

Giuseppe Salvatori nasce a Roma nel 1955. Esponente del ritorno alla pittura figurativa alla fine degli anni settanta, nel 1980 partecipa alle due mostre pubbliche ricognitive sulle ultime tendenze dell’Arte italiana contemporanea: a Bologna, alla Galleria Comunale d’Arte Moderna, con i Nuovi-Nuovi di R. Barilli e a Ferrara, alla Loggetta Lombardesca, con Italiana: la nuova immagine di A. B. Oliva. La sua ricerca espressiva, attraverso l’uso del pastello su tela, nasce da una appassionata rivisitazione dell’Arte italiana del primo quarantennio del novecento, riagganciandosi in special modo alla Metafisica. Salvatori lavora a quadri di architettura, di natura morta e di paesaggio, una poetica fondata sull’opposizione natura-cultura e che si esplica nello stretto rapporto con il mondo letterario di cui condivide progetti e suggestioni. Tra il 1987 e il 1988 passa alla tecnica della tempera, che gli permette di realizzare opere di più ampie dimensioni, come, ad esempio, quelle presentate alla Biennale di Venezia nel 1990. La sua ricerca procede in quella sintesi formale tra figura ed astrazione che animerà tutte le opere a venire. La realtà non viene presa tout-court, ma riconosciuta e investita di nuovi affetti attraverso una sapiente elaborazione formale. Negli ultimi anni l’artista ha privilegiato soggetti di più ampio respiro, a scongiurare una eccessiva frammentazione e varietà di figure, con opere di comunicazione e valori più diretti: Bestie, da F. Tozzi, a Roma alla Temple Gallery nel 2006; Diomira, galleria Marchetti nel 2006; il foscoliano Ultime lettere di Jacopo Ortis, alla galleria De Crescenzo & Viesti; Angelo con intorno contadini del poeta W. Stevens, alla Casa delle Letterature di Roma nel 2008; Xanto da l’Iliade di Omero, Galleria La Nuova Pesa, Roma, 2018; il Virgiliano Perseidi alla Galleria De Crescenzo & Viesti, Roma.